“Gomez rientra in gruppo e segna dalla panchina” – Tratto da una storia vera.

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A.D. 2126

“Nonno mi racconti di quella volta che Mario Gomez segnò dalla panchina?”

“Certo, era l’11 febbraio del 2014, era una semifinale di Coppa Italia contro l’Udinese e a Firenze pioveva ininterrottamente dal 2008. Le partite si giocavano ancora allo stadio che c’era al Campo di Marte e si poteva andare a vederle dal vivo.”

“Sotto l’acqua?”

“Certo, era bellissimo. Ma partiamo dal principio. Mario Gomez era il giocatore più forte del mondo e quell’anno venne a giocare nella Fiorentina, il presidente Della Valle gli offrì 5mld l’anno di ingaggio più tutto l’Osmannoro, un paio di Hogan, i buoni pasto e lo ius primae noctis su tutte le Marche. Lui riflettè e decise di accettare. Purtroppo si infortunò subito al ginocchio in modo grave, i primi pessimistici referti parlarono di 2 mesi di stop, poi finalmente dopo 5 mesi eccolo tornare. Era il 5 febbraio quando finalmente Mario Gomez, per lo stupore di tutti, si riunì al gruppo che era in fuga solitaria da metà settembre. Quella mattina si svegliò a Monaco di Baviera, fece colazione all’HB con 8 litri di spremuta di luppolo e con le scarpette legate intorno al collo prese il primo aereo per Ankara. Si riposò oltre mezz’ora poi, scorto dall’oblò l’outlet di Barberino, si preparò calcolando rapidamente i venti provenienti da nord e si lanciò col paracadute atterrando di fronte allo Scheggi. Si sistemò il ciuffo specchiandosi sulle vetrine del Conti e, attraversando il viale, giunse ai campini. I compagni increduli lo videro arrivare e nessuno proferì parola. I suoi compagni di reparto lo accolsero con un imbarazzato sorriso e gli fecero spazio. Lui si sedette sopra Rebic, si spogliò e indossò la tenuta da allenamento, si pettinò il ciuffo con i denti di Matos e poi glieli rese e, alzatosi in piedi, si diresse verso il campo. Qualcuno giura di averlo sentito fare un ruttino, dovuto ad un’intolleranza al luppolo, ma forse è solo un’incontrollata voce di corridoio. Quel giorno, nella partitella di 20 minuti segnò 47 reti di cui 8 in rovesciata e 14 di tacco. Tutto sempre col sorriso. Non sudò nemmeno. Fece comunque la doccia e si asciugò con i vestiti puliti di Ilicic, dopodichè si allontanò sussurrando “Pivelli, in culo voi e la zampa d’oca. E il falso nueve”. Si diresse allo Scheggi, fece un rapido calcolo a mente sull’incidenza dei venti provenienti da sud, riprese il paracadute e risalì intercettando il volo proveniente da Tunisi e diretto a Monaco. Ci teneva molto a quell’allenamento perché in quella settimana si giocava un Fiorentina-Udinese di Coppa Italia e lui non voleva mancare. In città non si parlava d’altro che del ritorno al calcio giocato di Mario Gomez, il tedesco dal fisico alla Ivan Drago e il taglio sobrio alla John Travolta in Grease. Tanta era l’attesa che quando il suo ciuffo sbucò dal tunnel del Franchi ci fu un boato, tutti in piedi a tributargli un applauso che durò 57 minuti condito da fuochi d’artificio e la più grande sciarpata della storia del calcio; anche se per la questura si tratto soltanto di un gesto di pochi facinorosi. Mario Gomez era un bel ragazzone alto, biondo, tedesco sempre col sorriso (solo molti anni dopo si scoprì che si trattava di una paresi) e non appena si rese conto dell’accoglienza rimise subito a posto il vigile urbano che aveva utilizzato per pettinarsi e con la mano ricambiò il saluto prima di accomodarsi in panchina. La partita iniziò ma nessuno se ne accorse, tutti guardavano Mario Gomez in panchina che si specchiava sul plexiglass. Al 42esimo del primo tempo, si pettinò ancora con i denti di Matos e poi glieli rese. Nell’intervallo scese sul campo e intrattenne il pubblico palleggiando con Rebic, poi il croato lo supplicò di smettere e lui rivolto verso la tribuna ricevette il pollice su di Andrea Della Valle e quindi smise. Il secondo tempo riprese sul risultato di 3-2 per la Fiorentina, risultato che qualificava l’Udinese (l’andata finì 1-2) e il pubblico si divise tra chi sperava in cuor suo di andare a letto con Belen e chi cercava con rabbia tra gli spalti un certo Luca,  noto giornalista dell’epoca nonché occasionale tifoso da Casa del Popolo che, sbagliando clamorosamente i calcoli aveva augurato e pronosticato una vittoria proprio per 3-2. Poi, al 94esimo, un rinvio errato di Scuffet finì verso la panchina proprio mentre Mario Gomez era intento a pettinarsi con la mano sinistra di Ilicic. Il pallone colpì il reale ciuffo di Mario Gomez e tornò velenoso verso la porta bianconera; Scuffet rimase sorpreso, il pallone si fermò, sorrise, e entrò alle spalle dell’incolpevole portiere friulano. 4-2. I festeggiamenti te li racconto domani.. ”

“E il giornalista Luca, nonno ?”

“Preso dal panico, lasciò lo stadio 5 minuti prima diretto all’estero e di lui non se ne seppe più nulla. Nel 2016 Barbara D’Urso organizzò uno speciale per ritrovarlo e comunicargli il risultato finale ma non ebbe successo”.






NOTA: RuttoSport è un periodico satirico, pertanto le notizie riportate sono frutto della fantasia degli autori e vanno considerate esclusivamente una lettura ricreativa. RuttoSport non è una testata giornalistica e non aspira a diventarlo. Forza Viola e sempre Juve merda!
La Redazione

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